Normalmente faccio una serratissima selezione fotografica, una decina di foto ed il post è pronto, ma questa volta, per raccontarvi le 48 ore più intense, avevo bisogno di tantissime immagini. E’ uno di quei posti che vanno raccontati con le immagini, non solo con le parole ed è uno di quei luoghi che spesso un obiettivo fotografico non può realmente catturare, bisogna fotografare con gli occhi. Così, procede il nostro viaggio in Marocco, nel deserto. E’ il momento che mi è piaciuto di più del viaggio. Un viaggio fra le dune del Sahara con i dromedari, il nostro arrivo alle tende berbere dove trascorrere la notte, una tempesta di sabbia, poi l’alba, il freddo, il silenzio, i colori, è qualcosa che non si può descrivere. Abbiamo raggiunto le nostre tende verso il tramonto: si dorme su piccoli materassi, su tappetti che poi sono direttamente sulla sabbia. Durante la notte avevamo a disposizione circa quattro coperte, dai 26 gradi diurni si raggiungono anche i 2 gradi durante la notte. Abbiamo cenato nelle tende, il tipico pasto caldo, il Tajin ed il tè verde. Non pensate all’acqua, ai bicchieri da lavare, ad un bagno, nel deserto dovete scordarvi di qualsiasi comodità che per quanto sia ovvio stare qui a pensarlo viverlo è sicuramente un’esperienza. Durante la notte ho visto un cielo che non mi è capitato di vedere, una luna ed una luce così intensa, da illuminare chilometri di dune mentre i berberi, di cui eravamo ospiti, suonavano e cantavano per tutta la notte. Amazigh, significa “uomini liberi” sono loro che vivono nel deserto, sanno orientarsi con le stelle e camminano nella sabbia con tuniche e scarpe a punta. L’alba è stato il momento più affascinante, la sveglia in tenda era intorno alle 6.00, il freddo è di quelli delle mattine di dicembre e sei sulla sabbia gelida, ma non importa perché l’alba ripaga del freddo, ripaga dell’attesa, il Marocco ripaga di tutto e io ci tornerei, subito. E così il cielo è celeste, rosato e poi si riparte, di nuovo la traversata in dromedario per poi raggiungere le nostre Jeep e viaggiare verso i villaggi del deserto. Abbiamo incontrato i bambini, le persone, sembra di tornare indietro nel tempo e nello spazio, ed essere lì, con i bambini che da qualche parte in un deserto dissestato preparano i compiti per la scuola, dall’altra parte della strada un grande casolare è la loro scuola. Noi ci avviciniamo a chiacchierare con loro mentre le mamme ci osservano dai vetri delle finestre di piccole case sparse intorno. E sei lì, per un attimo pensi a tutto quello che hai, a te che sei in viaggio ad incontrare altre tradizioni e culture e guardi con i tuoi occhi la loro vita, quella reale, di tutti i giorni, ci chiedono qualche moneta, qualche succo di frutta e restiamo lì, a guardare quegli occhi. Gli occhi in Africa hanno uno sguardo diverso, profondo, che ti resta.